mercoledì 13 luglio 2011

L'Italia (purtroppo) non ha il vizio della memoria


Carpi, piazza Garibaldi: non si tratta certo della location più nota della città, ma ieri sera un uomo dalla personalità grintosa ed inarrendevole ne ha arricchito l'atmosfera. Sto parlando di Salvatore Borsellino, fratello del ben più noto Paolo, che da qualche anno gira l'Italia dedicandosi attivamente alla sensibilizzazione riguardo al contrasto della criminalità organizzata, del malgoverno e delle collusioni tra politica e mafia.
La sanguinosa Strage di via D'Amelio in cui oltre al giudice sono morti gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Mulli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, è stata spesso definita un attentato di stampo terroristico-mafioso, ma l'attivista ci tende a sottolineare come questa sia in realtà una strage dello Stato. Io direi quasi che il 19 luglio 1992 ha avuto luogo una carneficina dello stato contro lo Stato, e l'utilizzo o meno delle maiuscole non vuole essere casuale: il governo nulla ha fatto per impedirne l'attuazione, e ha impiegato tutte le forze in suo possesso per colpire nel cuore un gruppo di persone che dedicavano la loro vita alla rimessa in piedi di un'Italia sana e pulita.
Delle morti che hanno lasciato un segno dunque, ma che saremmo disposti ad accettare se intravedessimo un barlume di miglioramento; tutti noi però siamo coscienti che così non è stato, anzi più passa il tempo e più questo "sacrificio umano" tende a cadere nel dimenticatoio risultando quindi vano.
Forse ha ragione Colombo quando afferma che noi italiani "non abbiamo il vizio della memoria", perché stragi come queste dovrebbero arricchire il memoriale che è in ognuno di noi, un memoriale a cui dovremmo attingere giorno dopo giorno nella speranza che uno stato come quello in cui ci trasciniamo da più di vent'anni si trasformi finalmente in Stato.