mercoledì 23 novembre 2011

BREAKING va proprio DoWN


Ultimamente va di moda suddividere i film in 2 parti, e la saga di Twilight si adegua allegramente facendo uscire solamente le prime 350 pagine del quarto romanzo. La regia è affidata a Bill Condon, che riesce a risollevare leggermente le sorti deludenti verso cui erano precipitati il secondo e il terzo capitolo, ma ciò non significa che la soddisfazione dello spettatore sia stata raggiunta.
I 117 minuti scorrono lentissimi facendo il verso alle soap opera più noiose del palinsesto, contando su dialoghi vuoti e privi di senso -e per un film
fantasy è tutto un dire!- pronunciati da attori dalle doti interpretative semi-amatoriali. Non male per una pellicola che dovrebbe avere nella passione il suo fil rouge! La trama ruota intorno al nulla più puro, dilatandosi nei momenti morti fino a svenire e accelerando le emozionanti parti che milioni di telespettatori aspettavano fin dal primo incontro dei due amanti, riducendo ad una manciata di secondi la fatidica scena dell'accoppiamento tra Edward e Bella. Non che il film doveva trasformarsi in una pellicola a luci rosse, però l'aggiunta di qualche fotogramma non sarebbe stata sicuramente disdegnata, regalando qualche sussulto romantico alle ragazzine palpitanti incollate allo schermo.
Un piattume degno di nota insomma, che non sale in cima alla classifica solamente perché lo scalino dell'obbrobrio cinematografico è già stato toccato dagli ultimi due capitoli usciti in precedenza. L'unico picco emotivo viene raggiunto nella scena finale, tramutando il parto casalingo in una scena splatter degna dell'Esorcista: peccato che qui non trova però ragione di esistere viste le pacate atmosfere delle due ore precedenti! Una sottile vena comica fa invece capolino nel momento in cui il veleno si propaga lungo il sentiero arterioso di Bella, traghettandoci direttamente in una puntata di Esplorando il Corpo Umano: ah, l'infanzia, che bei ricordi, come evitare di sorridere? Impossibile.Chi si aspettava una degna trasposizione dei romanzi della Meyer non avrà certamente saputo nascondere la sua delusione, ma vedetela così: si tratta pur sempre di una delusione costata 170 milioni di dollari. Marketing incluso, claro.

lunedì 21 novembre 2011

la RHAPSODY del secolo è BOHEMIAN


Scritta da Freddy Mercury per l'album A Night at the Opera, è forse la canzone più famosa dei Queen. Forte del suo stile opera-rock, questa traccia riposa su una struttura alquanto inusuale per un titolo di musica rockettara: è infatti suddivisa in sei parti ben distinte, è sprovvista di ritornello e in più si avvale di arrangiamenti a cappella alternati ad arrangiamenti in puro hard rock sound.
Ma nonostante la singolarità del suo formato il 45 giri diventa immediatamente un fenomenale successo commerciale. Un brano che sfiora i 6 minuti e che secondo gli esperti del mestiere non potrà mai incontrare il favore del pubblico, ma dopotutto sbagliare è umano e i riconoscimenti ottenuti nel corso degli anni sono innumerevoli.
Bohemian Rhapsody inizia con un si bemolle maggiore e subito la voce narrante si interroga sulla differenza tra "il reale" e "l'immaginario" concludendo che "nessuno può scappare dalla realtà"; l'atmosfera onirica è qui rafforzata dalle parole dello stesso Mercury, le cui corde vocali creano un seducente duetto con il pianoforte a coda appena introdotto. Dopo 2 minuti scarsi di ballata l'assolo chitarristico di Brian May traghetta l'ascoltatore verso la terza parte della canzone, quella che in maniera magistrale evoca una vera e propria opera lirica: una rapida serie di cambiamenti ritmici ed armonici che contribuiscono ad enfatizzare la discesa negli inferi a cui andrà incontro il narratore, creando un'atmosfera dai toni un po' lugubri che trova il gran finale nell'ultima nota in falsetto di Roger Taylor. Ecco che tutto è pronto per tendere l'orecchio e dal giradischi arrivano i spiazzanti 45 secondi della sezione hard rock, conclusa la quale Mercury si esibisce con una scala diatonica rabbrividente per poi tornare alle tonalità dell'introduzione, e voilà, il cerchio è chiuso.
Dei generi completamente diversi miscelati con grande maestria insomma, ma che maestria! Questa rapsodia boema è un veritabile trip musicale che racconta una storia malinconica come tante, capace di accompagnare l'ascoltatore nei meandri più reconditi di un coloratissimo mondo onirico. Quando questa canzone parte veniamo immediatamente presi per mano dalla band, che ci guida in un melodioso sogno nota dopo nota, così anche se ci dovessimo perdere beh, riusciremmo comunque a trovare la strada di casa.