
La sanguinosa Strage di via D'Amelio in cui oltre al giudice sono morti gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Mulli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, è stata spesso definita un attentato di stampo terroristico-mafioso, ma l'attivista ci tende a sottolineare come questa sia in realtà una strage dello Stato. Io direi quasi che il 19 luglio 1992 ha avuto luogo una carneficina dello stato contro lo Stato, e l'utilizzo o meno delle maiuscole non vuole essere casuale: il governo nulla ha fatto per impedirne l'attuazione, e ha impiegato tutte le forze in suo possesso per colpire nel cuore un gruppo di persone che dedicavano la loro vita alla rimessa in piedi di un'Italia sana e pulita.
Delle morti che hanno lasciato un segno dunque, ma che saremmo disposti ad accettare se intravedessimo un barlume di miglioramento; tutti noi però siamo coscienti che così non è stato, anzi più passa il tempo e più questo "sacrificio umano" tende a cadere nel dimenticatoio risultando quindi vano.
Forse ha ragione Colombo quando afferma che noi italiani "non abbiamo il vizio della memoria", perché stragi come queste dovrebbero arricchire il memoriale che è in ognuno di noi, un memoriale a cui dovremmo attingere giorno dopo giorno nella speranza che uno stato come quello in cui ci trasciniamo da più di vent'anni si trasformi finalmente in Stato.