venerdì 19 agosto 2011

...quel 24 marzo 1984...

Don't you (forget about me) dei Simple Minds passa alla radio e mi viene una sola voglia: riguardarmi The Breakfast Club sdraiata sul divano in totale solitudine. Molti l'hanno definito il manifesto degli anni '80, ed effettivamente è probabilmente il film che più di altri è riuscito a rappresentare efficacemente quei magici dieci anni.
Non solo per la classica storia adolescenziale (diverse pellicole avevano in precedenza trattato questo tema) ma soprattutto per il modo di enfatizzare e portare all'attenzione argomenti quali il disagio famigliare, l'alcoolismo, la violenza sui figli, la non considerazione, i problemi di socializzazione, l'eccessivo e dannoso interventismo da parte dei genitori. Prima di
questo film i ragazzi rappresentati nei "teen movie" erano sì desiderosi di avere le prime esperienze sessuali ed amorose (Tom Cruise in Risky Business, la stessa Molly Ringwald in Sixteen Candles) ma non avevano conosciuto gli stessi problemi dei ragazzi del The Breakfast Club. Si è quindi avuta una maturazione nella scelta di cosa parlare e specialmente come trattarlo.
Questo è il grande merito di John Hughes, regista del film, che con una sceneggiatura scritta in soli due giorni è riuscito a mettere a nudo le problematiche dei teenagers di trent'anni fa, da lui saggiamente catalogati come ATLETI, PRINCIPESSE, CRIMINALI, CERVELLI e SVITATE, come a voler indicare che nella vita si corre sempre il rischio di rimanere intrappolati in una determinata categoria, ma che questa non deve necessariamente rimanere la nostra a vita. Ecco quindi che a distanza di svariati lustri, un film erroneamente etichettato come commediola adolescenziale può invece rivelarsi utile per tutti quei giovani d'oggi che, al contrario di altri, non hanno avuto la fortuna di crescere in una decade che metteva le ansie giovanili al centro di una buona fetta dell'industria cinematografica.

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